QUARTETTO KLIMT MASTERCLASS MUSICA DA CAMERA LIVORNO MUSIC FESTIVAL

L’importanza della musica da camera nella formazione dei giovani musicisti.

Dall’ esperienza trentennale come parte di un quartetto, all’importanza della musica da camera nella formazione dei giovani musicisti abbiamo avuto il piacere di parlare con il Maestro Matteo Fossi, pianista, Direttore del Conservatorio “Rinaldo Franci” di Siena e Membro del Quartetto Klimt, che per il tredicesimo anno consecutivo sarà presente con tutti i suoi membri con la masterclass di musica da camera al Livorno Music Festival dall’ 8 Agosto al 14 Agosto.

Il Quartetto Klimt è stato un progetto significativo nel suo percorso artistico. Qual è stata la chiave del successo di questo ensemble e come ha contribuito alla sua crescita come musicista?

“Beh, per me il Quartetto Klimt è come un braccio, come una gamba. Ormai l’anno prossimo compiremo trent’anni di vita, perché siamo nati a ottobre del 1995. Eravamo poco più che ragazzini, io avevo 17 anni e i miei colleghi più o meno; quindi, chiaramente capite che in trent’anni sono talmente tante le avventure musicali insieme, e non solo, che si cresce insieme. È una cosa che diventa proprio parte di te, quindi è difficile rispondere, perché rappresenta appunto una parte indelebile della mia vita musicale e personale.

La ringrazio per la domanda sul successo. Non so se abbiamo avuto successo, ma sicuramente tante cose le abbiamo fatte e credo che la chiave sia stata proprio la sintonia, l’amicizia, che c’è sempre stata dietro questo progetto. Noi abbiamo avuto, per onor del vero, due avvicendamenti perché nella formazione originaria c’era Lorenza Borrani al violino e Alice Gabbiani al violoncello. Poi, nel 2008, è entrato Duccio Ceccanti a prendere il posto di Lorenza e tre anni fa è entrato Jacopo di Tonno a prendere il posto di Alice. Con Lorenza, con Alice, i rapporti sono sempre rimasti ottimi e quindi è normale che in trent’anni qualche avvicendamento ci sia, ma non è cambiato questo clima che c’è sempre stato di condivisione, di amicizia, di reciproco rispetto e stima, che hanno fatto lavorare il Quartetto in un modo, secondo me, ben oltre la musica. Insomma, hanno fatto condividere un sacco di esperienze di vita e di crescita insieme. Quindi è diventato per tutti un elemento imprescindibile della propria attività.”

 

Con il Quartetto Klimt vi dedicate anche alla promozione e divulgazione della musica contemporanea: come affrontate le sfide tecniche e interpretative che queste composizioni portano con sé?

“Questo è un aspetto molto importante della nostra storia, perché praticamente quasi da subito abbiamo iniziato, per una serie anche di opportunità e di occasioni, a commissionare anche nuove composizioni per il nostro organico. Anche perché il repertorio della formazione del Quartetto per pianoforte-archi, sì, è un repertorio molto significativo nella musica da camera, ma non quantitativamente immenso. Certo, è costellato di capolavori, però rispetto ad altre formazioni come il trio pianoforte – archi, non parliamo un quartetto d’archi… Insomma, è un repertorio un pochino meno numeroso. Quindi abbiamo sentito proprio l’esigenza di ampliare il repertorio e ci siamo rivolti a tanti compositori italiani e non solo molto, molto significativi, che non nomino perché ho paura di dimenticare qualcuno.

Chiaramente, affrontare un brano che non è mai stato eseguito prima, al di là della tecnica strumentale che prevede, è un’avventura un po’ diversa, perché ci si sente anche investiti di una missione particolare. Ma è stato appassionante, devo dire, soprattutto lavorare con i compositori, perché si sono creati anche dei rapporti di amicizia, splendidi in molti casi; ma lavorare a contatto con un compositore di un brano, ti insegna molto del tuo strumento e non solo. Quindi è stato bello anche riprendere alcuni di questi brani a distanza di tempo, rilavorarli, constatare dei cambiamenti, che poi spesso anche i compositori ci hanno richiesto. Nel nostro piccolo, devo dire, abbiamo contribuito un po’ ad ampliare il repertorio per la nostra formazione ed è stato molto, molto bello.”

Il Quartetto Klimt, come già accennato, si avvicina ai trent’anni di attività: quali sono le strategie che avete imparato ad adottare nella gestione dei conflitti e delle differenze di opinione che emergono durante le prove?

“Beh, questo aspetto è fondamentale nella musica della camera, perché la musica da camera in fondo è la massima espressione, o dovrebbe essere, la massima espressione della democrazia. Nel senso che chiaramente non ci può essere una sola persona che decide, ma si condividono i pensieri, si condividono i pareri e spesso ci si trova anche in disaccordo. Anzi quando si collabora da molti anni e si è amici oltre colleghi ci sta anche qualche piccolo screzio. Però si tratta di trovare un equilibrio che è difficile da spiegare, perché si costruisce col tempo e si costruisce, appunto, con la fiducia reciproca. Qualche volta ci può essere anche qualche sana litigata, però le strategie si formano appunto con il tempo e si assestano con il tempo.

Io mi ricordo anche degli episodi, in tutti questi anni, magari di una prova conclusa con qualche screzio di troppo, però poi ci si accorge che gli scherzi servono anche per crescere individualmente e come quartetto. Quindi ricordo con grande affetto alcune litigate, non tante a dire il vero, perché c’è sempre stato grande sintonia. In un quartetto si creano anche appunto delle dinamiche in cui qualcuno ha il ruolo di mediatore, qualcuno magari è un po’ più acceso e qualcuno sembra magari subire i caratteri degli altri, ma in realtà ha un ruolo fondamentale nel mediare.”

Ormai è da diversi anni che al Livorno Music Festival tenete la vostra masterclass di musica da camera e quindi immagino che di formazioni cameristiche nascenti ne avete viste molte. Quali sono le principali difficoltà che in genere un gruppo di musica da camera formato da poco si ritrova ad affrontare e come lo aiutate a superarle?

“Allora nella storia del Quartetto Klimt la partecipazione al Livorno Music Festival rappresenta un punto fondamentale, perché dalla seconda edizione è iniziato il nostro corso. La prima edizione il Maestro Ceccanti, ci invitò a fare un concerto e poi partì l’anno dopo il vero e proprio corso.

Abbiamo calcolato che in tutti questi anni abbiamo visto passare fra i 300 e i 400 studenti, molti dei quali non si sono presentati con la propria formazione cameristica. La gran parte di loro sì, ma una delle caratteristiche del nostro corso al Livorno Music Festival sta nel fatto che un musicista si può presentare anche da solo e poi viene abbinato ad altri musicisti proprio durante la settimana del corso. Nascono bellissime amicizie, talvolta qualcosa di più di un’amicizia, e da un punto di vista musicale sono nati anche dei gruppi dal Livorno Music Festival e questa è la massima soddisfazione che possiamo avere.

Sulla domanda riguardo le principali difficoltà… Beh, insomma, la musica da camera richiede una disciplina molto alta, molto severa e, come dicevo prima, anche a proposito della nostra storia, alcuni equilibri e alcune dinamiche vengono semplicemente col tempo. È uno dei motivi per cui è molto difficile portare avanti per molti anni un gruppo da camera, insomma, non sono, in proporzione tante le situazioni di questo genere. Quindi bisogna semplicemente – si fa per dire – insegnare ad ascoltare e ad ascoltarsi, cosa fondamentale per la vita di qualsiasi musicista, ma nella musica a camera i nodi vengono al pettine e la disciplina dell’ascolto reciproco, non soltanto per quanto riguarda le note, ma per quanto riguarda, come dicevamo prima, anche le parole, i suggerimenti, le proposte che ogni componente di un gruppo può fare, può portare agli altri è necessario, altrimenti non si arriva alla sintesi.

Quindi noi, nel nostro piccolo, in pochissimo tempo anche alcuni studenti, naturalmente già li conosciamo (per esempio, Edoardo insegna musica della Camera alla Scuola di Musica di Fiesole, io l’ho fatto per tanti anni). Quindi alcuni di questi gruppi abbiamo avuto modo di seguirli anche prima e dopo le varie edizioni di Livorno Music Festival. Però cerchiamo appunto di creare un clima per cui questa disciplina dell’ascolto sia portata ai massimi livelli. Poi naturalmente la musica della Camera è un incontro di individualità e quindi ognuno si porta con sé il proprio strumento a Livorno noi diamo anche la possibilità di far lezione individuale sulle parti cameristiche e non solo e quindi cerchiamo di accompagnare i ragazzi anche individualmente nella crescita e nella costruzione di un brano e questo vedo che è molto apprezzato.

Insomma, una formula che, almeno all’inizio del di questo progetto, di questa avventura era stata diciamo quasi rivoluzionaria. Poi vedo che qualcuno ci ha copiato giustamente, ci fa piacere. Cerchiamo ogni anno di rinnovarci, di trovare nuove formule e soprattutto di suonare con i ragazzi, cosa che per loro è importante, per noi è ancora più importante, perché è una ventata di entusiasmo e di energia. Come dico sempre, un maestro impara dai propri studenti molto più di quanto succeda viceversa. Questa è una cosa che mi è sempre stata detta anche quando ero studente, ma soltanto quando si diventa insegnanti si può capire. Quindi suonare con questi ragazzi è un bagno di umiltà, è un bagno appunto di entusiasmo e di musica che ci dà tanta energia che ci portiamo dietro il giorno dopo che è finita un’edizione del Livorno Music Festival al giorno prima che inizi, quella dopo.”

Durante le masterclass vi trovate spesso davanti non solo quartetti ma anche formazioni in duo, trio, quintetto, il vostro metodo di insegnamento cambia a differenza della formazione che avete davanti?

“Sì, sì, in questi anni noi abbiamo avuto archi, fiati, pianisti, anche qualche chitarrista. Chiaramente ogni formazione ha il proprio repertorio e ogni repertorio ha i propri aspetti tecnici e musicali; quindi, anche noi per noi è importante rimanere aggiornati. Alcuni gruppi, ricordo in tutti questi anni, ci hanno portato brani che noi non conoscevamo magari non necessariamente di musica moderna o contemporanea, brani di più raro ascolto e che non avevamo avuto occasione di lavorare personalmente.

Quindi dobbiamo cercare di entrare nelle teste, nelle mani dei musicisti, dei degli studenti e cercare di calarci nei loro panni e cercare di aiutarli per quanto possibile. Anche perché, insomma, una settimana è un tempo che durante il Festival sembra molto lungo perché si vive molto intensamente, quindi dopo una settimana sembra sia passato un mese, però in realtà il tempo, in senso generale, molto breve e quindi è molto diverso il lavoro che facciamo rispetto a quello continuativo, per esempio di un anno di lavoro in un conservatore o in una scuola. Bisogna cercare di concentrare le informazioni, i suggerimenti, gli stimoli. Però questo viene molto naturale perché si vive intensamente, si sta insieme anche nei momenti magari conviviali la sera e quindi al di là del momento, dell’ora o dell’ora e mezzo di lezione, praticamente tutto il giorno serve a ragionare di musica insieme ai ragazzi e questo è molto bello.”

Allora, io finisco con un’ultima domanda, che è la domanda dei nostri studenti o futuri studenti, che nel momento in cui abbiamo detto che sarebbero partite le interviste, hanno iniziato a farsi diverse domande. La domanda è: Come si passa da essere un ottimo studente a essere un professionista?

“Bella domanda. Intanto bisogna crederci tantissimo, fortissimamente, come diceva qualcuno. Mai come adesso in cui, anche rispetto ai tempi in cui – non sono passati troppi anni – in cui noi eravamo studenti, il livello tecnico e strumentale medio si è alzato incredibilmente e anche quello delle formazioni cameristiche, di conseguenza. Questi ragazzi, per certi versi sono più preparati rispetto a come eravamo noi, almeno da un punto di vista tecnico. È cambiato il mondo, perché è cambiata, per esempio, la tipologia media di ascolto della musica. Non sempre in questo caso è cambiata in meglio, però è inutile opporsi al cambiamento. Anzi, noi siamo stati testimoni di questa rivoluzione, perché di fatto in pochi anni c’è stata una rivoluzione all’interno della musica e non solo.

Quindi dicevo, bisogna crederci, bisogna avere fortuna, naturalmente, bisogna avere delle occasioni, bisogna riuscire a sfruttarle. Io credo, e non credo sia una visione di parte, che mai come adesso la musica da camera sia fondamentale. Unire le esperienze fa crescere il singolo musicista come forse nessun’altra cosa al mondo e far musica insieme, che sia che sia appunto fare musica da Camera, fare Quartetto, suonare in orchestra, cantare in un coro, è un qualcosa che va oltre la musica e fa diventare cittadini migliori.

Quindi, se posso fare una chiosa, io ricordo con grande affetto e con grande ammirazione tanti ragazzi anche quelli che sono passati, dai nostri corsi al Livorno Music Festival, che poi, nel corso del tempo hanno avuto altre occasioni, hanno deciso di intraprendere altre strade professionali, ma la musica è rimasta nel loro cuore e nella loro vita. Credo che molti di loro siano davvero da considerare dei veri e propri musicisti. Lo sono quando vanno ascoltare i concerti, quando vanno ascoltare i loro colleghi e magari hanno fatto scelte di vita diverse e sono diventati musicisti. Lo sono quando poi mettono su famiglia e trovano la chiave giusta per motivare dei figli a studiare la musica, perché la musica va studiata, andrebbe studiata da tutti.

Un grande maestro diceva, “la musica è di tutti, anche se magari non è per tutti” e intendeva proprio questo, parlo di Piero Farulli, che è stato maestro dii tutti noi del Quartetto. Non è per tutti perché pochi possono poi intraprendere questa strada da un punto di vista professionale, ma è di tutti perché dovrebbe far parte del patrimonio culturale e umano di tutti i cittadini del mondo, possibilmente, quindi noi abbiamo questa missione.

Tornando alla domanda originaria, mi rendo conto di aver preso strade hanno portato lontano, e che ci porterebbero ancora più lontano. Recentemente ho letto un articolo in cui è stato calcolato che gli studi musicali forniscono qualcosa come il 55 o 60 possibili ramificazioni del mestiere di musicista. Un tempo si pensava, “studio pianoforte. o diventa un solista, o diventa un camerista o diventa un’insegnante”. No, ci sono appunto più di 50 possibili mestieri all’interno della musica e in questo tutti i cambiamenti di cui parlavo sinteticamente poco fa hanno aumentato le possibilità, sia nella ricerca che nella produzione, in tutto ciò che sta dietro le quinte di un concerto. Quindi bisogna crederci ancora di più, perché chissà, poi magari la vita ti porta delle opportunità che non era possibile prevedere.

Quindi studiare, andare un po’ controcorrente, perché il giovane musicista adesso è un giovane che va controcorrente rispetto alla velocità estrema della vita dei nostri giorni in tutto è rapido, in cui tutto, consentitemi, è “facile”, perché spesso basta un click per ottenere le informazioni che si cercano. La musica insegna il contrario, che non esistono click, esistono il lavoro, esistono le perplessità, i dubbi – anche atroci – di cui tutti noi siamo soggetti un giorno sì e un giorno anche. Quindi è dura, però vale la pena perché credo la musica sia una delle più belle del mondo.”

 

Dunque, non solo gruppi ma anche solisti possono partecipare al corso di perfezionamento estivo di Musica da Camera del Quartetto Klimt al Livorno Music Festival, che chiuderà le proprie iscrizioni il 31 MAGGIO. 
Le modalità e procedure di iscrizione alla masterclass sono disponibili alla pagina Modalità di Iscrizione e Quote
Vi ricordiamo che tutti gli studenti del Livorno Music Festival possono partecipare alla selezione per suonare con i maestri sul palco del festival e che alcuni strumentisti potranno partecipare alla selezione per suonare come solisti con l’Orchestra del Conservatorio Mascagni nel concerto del 1° settembre 2024 programmato nel cartellone dei concerti della XIV edizione del Livorno Music Festival. Tutte le informazioni sono disponibili alla pagina dedicata Premi e Concorsi

 

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