FEDERICO GARDELLA COMPOSITION MASTERCLASS COMPOSIZIONE

Intervista al Maestro Federico Gardella

Ascolta l’intervista completa:

Dalla sua formazione con grandi compositori, alla sua prospettiva sulla composizione contemporanea nel contesto dell’attuale panorama musicale, abbiamo avuto il piacere di intervistare il Maestro Federico Gardella, che quest’anno accompagnerà gli studenti della masterclass di composizione nella realizzazione di brani ispirati a Francesco Petrarca, che verranno eseguiti nel programma concertistico della XIV° edizione del  Livorno Music Festival.

Tu ti sei perfezionato con maestri del calibro di Azio Corghi, Alessandro Solbiati e molti altri, come queste personalità hanno, se è successo, influenzato il tuo stile compositivo?

È una domanda molto, molto bella e complessa. Da una parte è chiaro che, quando si inizia un percorso come giovane compositore e si scelgono dei maestri, si scelgono questi maestri perché in qualche modo si vede in loro, come dire, una strada da seguire, un tracciato che in qualche modo ci è familiare, ci è congeniale, che ci parla da vicino e quindi, i maestri che hai nominato, insieme a tanti altri  – che sono state figure importanti per la mia per la mia crescita professionale e umana e artistica, penso ad esempio a Toshio Hosokawa – sono state figure centrali; intanto per quello che mi hanno insegnato e poi naturalmente per la loro musica, che è un esempio primario secondo me. Ma poi anche per un certo insegnamento nel senso della libertà. Questo secondo me, per chi insegna composizione e per un giovane compositore, forse è il regalo più grande che un maestro può fare. Il dono della libertà e dell’indipendenza critica in qualche modo, rispetto alla musica in generale e più in particolare rispetto a sé stessi.

Quindi, per rispondere alla tua domanda, posso dirti che, certo, queste figure che hai menzionato sono stati grandi maestri per me. Direi Maestri con la “m” maiuscola. Ma sono stati anche compagni, amici e persone che hanno aiutato la mia formazione, mi hanno aiutato a diventare me stesso attraverso la scrittura.

Certo, grazie. Ai partecipanti del Livorno Music Festival quest’anno è richiesto di comporre un brano ispirato a un’opera di Francesco Petrarca, quali potrebbero essere le sfide nel comporre musica che si ispira a temi letterari o poetici?

Beh, intanto cerchiamo ogni anno al Livorno Music Festival, all’interno della masterclass di composizione, di avere organici strumentali sempre un po’ diversi. Abbiamo avuto il flauto, abbiamo avuto il violino, il contrabbasso, le percussioni, le voci e quest’anno abbiamo un organico davvero molto particolare: due violoncelli, clarinetto (che vuol dire anche clarinetto basso) e pianoforte.

Mi sono chiesto come mai e cosa significhi esattamente dedicare un concerto – che sarà il concerto conclusivo di questa masterclass all’interno del Livorno Music Festival – ad una voce poetica, la voce di Francesco Petrarca, senza avere una voce che canta, tra l’altro. Quale può essere il rapporto di questi suoni, in qualche misura astratti, nei confronti di una suggestione di tipo extra musicale?

La mia speranza è che ciascuno dei partecipanti sviluppi una propria idea, un proprio approccio. Mi viene da dire che, per esempio, nella mia pratica compositiva spesso parto da un’idea, non voglio dire “extra musicale”, ma un’idea di luogo, di posto in cui penso che la mia musica debba, in un certo senso, risuonare. Certe volte un luogo fisico, non lo so, uno strapiombo, una costa, un tratto di mare. Certe volte è un luogo poetico: le parole di un poeta, una certa parte di un dipinto, un’altra musica, per esempio. Quindi il fatto che non ci sia una voce che canta, secondo me potrebbe essere paradossalmente uno stimolo ulteriore alla creazione, proprio nella direzione di trovare in una parola, in un testo, in una visione di Francesco Petrarca, un punto di partenza, un luogo prospettico da cui immaginare un nuovo orizzonte compositivo.

Prima hai parlato di libertà, quali consigli si possono dare ai giovani compositori che cercano in qualche modo di far emergere la propria voce nel panorama compositivo contemporaneo?

Di non pensarci troppo, secondo me, al tema dell’originalità. Siamo, secondo me, in qualche modo, circondati da un panorama musicale, vorrei dire tra virgolette “contemporaneo” (una parola che non amo molto “contemporaneo”, ma insomma del nostro tempo) che ci chiede di essere originali ogni volta, ci chiede di inventare ogni volta qualcosa di nuovo e questo sicuramente è uno stimolo potente per la ricerca. Però è anche, come dire, una spirale lievemente pericolosa. Sono un po’ sospettoso nei confronti di questa originalità.

Quando parliamo, per esempio, parliamo parole già parlate da tantissime altre persone. Quando un grande poeta utilizza una parola non è che la inventa. Se ogni volta un poeta inventasse parole non sarebbe in grado di comunicare, la comunicazione avviene, poiché io dico parole che voi avete già sentito tante volte e magari posso utilizzarle in un contesto, in un modo, con una con una visione nuova, ma naturalmente quelle sono le parole. Quindi, il tema dell’originalità è un tema, diciamo così, fragile, insidioso. Mi piace di più pensare che un giovane compositore o meno giovane (insomma tutti noi che ci approcciamo alla scrittura in senso creativo) dovrebbe avere un approccio autentico (più ancora che originale) alla scrittura. O forse originario. Ecco, è la parola che mi piace di più. Ma insomma, cercare un modo autentico di dire noi stessi, senza preoccuparci eccessivamente di inventare parole, ma di scoprire, di scavare dentro di noi, magari trovando qualcosa di interessante da dire.

Certo, anche raccontare la realtà che ci circonda, alla fine questo è quello che fa il compositore.

Il compositore fa, naturalmente, fa tante cose diverse. Una parte del nostro scrivere è ovviamente reagire a ciò che ci circonda. Noi siamo, intanto, circondati da mille cose diverse, ma anche circondati da molti suoni diversi. Siamo continuamente “bombardati” da una temperie di suoni che provengono da orizzonti culturali, da stimoli molto diversi.

La cosa che è interessante chiedersi è: tra tutti questi stimoli sonori a che cos’è che diamo lo statuto di Musica, che cos’è Musica per noi?

Luciano Berio aveva fatto delle bellissime trasmissioni televisive, che si intitolavano “C’è musica e musica”, e il tema, diciamo un po’ sotteso, sottotraccia, è che cos’è la musica? E Berio, in quegli anni, sempre con la sua visione lucida e fantastica allo stesso tempo, diceva che “musica e tutto quello che noi ascoltiamo con l’intento di stare ascoltando musica”. Quindi se anche ascoltiamo la risacca del mare credendo che quella sia musica, ecco, quella è musica.

Quando intervieni nelle partiture dei tuoi studenti, quali sono i principali aspetti che cerchi di migliorare o modificare e come ti assicuri che queste modifiche rispettino comunque la visione originale del tuo studente?

Questa è una domanda molto difficile, perché naturalmente chiunque scriva cerca di mettere una parte vera di sé nella propria musica. Quindi in qualche modo criticare un pezzo di musica significa criticare chi lo ha scritto, non possiamo far finta di niente. Questa naturalmente è una responsabilità molto grande: ci vuole una certa delicatezza nel farlo. Io provo sempre a cercare di immaginare che cosa davvero voleva esprimere lo studente o la studentessa e per farlo provo a fare due cose, sostanzialmente.

Primo: provo a intervenire in una dimensione tecnica per cercare di dare degli strumenti il più possibile raffinati per riuscire a scrivere il pensiero. Perché scrivere il pensiero è una cosa complicatissima: noi possiamo pensare cose meravigliose, straordinariamente potenti sotto l’aspetto espressivo, ma poi dobbiamo mettere pallini bianchi e neri sul pentagramma e questo, diciamo così, è una questione tecnica. Come si fa a limare, a rendere questo scarto (che sempre ci sarà) il più piccolo possibile, tra il pensiero e la scrittura? La scrittura in qualche modo è sempre un “tradimento”, ce lo dobbiamo dire, ma è un tradimento potente e a volte è strutturalmente importante.

Questa è una prima parte che riguarda la questione più propriamente tecnica, ma poi c’è anche un aspetto forse un po’ più filosofico. Come mai ci piacciono certe cose? Come mai ci vengono in mente certe idee? Perché una volta che poi le idee ci sono venute in mente, non possiamo fare altro che fare del nostro meglio per realizzarle. Ma dove si producono le idee? Dove nascono le idee in un compositore? E quindi la cosa che mi piace è cercare di lavorare anche su questa prima fase. Come si sviluppa in noi il gusto, il desiderio di scrivere un certo suono, di costruire una certa arcata formale?

È per questo che al Livorno Music Festival abbiamo provato ad articolare il corso, diciamo così, in due fasi. C’è una prima fase che avviene on-line, si tratta di due lezioni, una con me e una con gli strumentisti, che poi saranno i musicisti in residence. Perché facciamo questi primi due incontri? Beh, li facciamo perché una volta che saremo tutti in presenza, tutti insieme a Livorno (dal 7 al 13 agosto) a quel punto bisognerà lavorare sodo e abbiamo sette giorni di lavoro molto serrato. Ma mi piace sempre avere un incontro prima, per discutere con questi compositori, con queste compositrici del loro mondo sonoro, di che cosa davvero intendono scrivere e di quale sia il percorso migliore per realizzarlo. Quindi, questo primo incontro è un incontro per me molto importante perché, intanto, serve a conoscerci, ma poi serve anche per, in qualche modo, dare un’idea di dove vogliamo arrivare, che cosa vogliamo fare al concerto del 13 di agosto. Allo stesso tempo ci sarà un incontro con gli strumentisti, perché spesso i compositori chiedono a chi suona cose molto complesse, diciamo la verità: la musica del nostro tempo è esigente, è esigente per chi la scrive, è esigente per chi la suona ed è esigentissima per chi l’ascolta (e dobbiamo saperlo). Ma naturalmente c’è sempre un rapporto tra quello che noi pensiamo, speriamo, desideriamo e quello che poi veramente si può fare, quello che veramente si può suonare. Quindi, questo incontro con gli interpreti in residence alla masterclass di composizione, è un incontro on-line, ma è molto importante perché comincia a delimitare un “alfa” e un “omega” entro il quale questi nuovi lavori si muoveranno.

Dopodiché, arrivati a Livorno avremo una settimana a disposizione: il corso è finalizzato alla preparazione di questo concerto.

Quindi è organizzato in questo modo. Ci sono al mattino lezioni: lezioni che sono individuali ma di gruppo, nel senso che io faccio delle lezioni frontali,  commento, discuto le partiture una per una (ma, naturalmente, tutti gli altri partecipanti sono invitati ad assistere, naturalmente, ma anche a partecipare, a commentare, a esprimere il loro punto di vista, perché sono convinto che in una materia complessa e sfaccettata come la composizione, come la scrittura musicale, il dialogo e la condivisione siano forse l’aspetto più importante).

Al pomeriggio invece, tutti i giorni (quindi fin dall’inizio) abbiamo previsto delle sessioni di prova con i musicisti in residence. Questo ci permette fin dall’inizio del corso di avere gli strumentisti che suonano e provano e lavorano i pezzi degli studenti della masterclass di composizione, in un dialogo che, io penso (posso dire che negli ultimi anni è stato così) molto fertile tra la pratica dello scrivere e la pratica del suonare, dell’interpretare. Per cui anche questo aspetto, cioè questa dialettica che c’è tra il fatto che noi scriviamo e poi c’è qualcuno (la musica da sola non suona, ma è un’arte “mediata”, nel senso che ha bisogno di un medium e quel medium è l’interprete, che infatti si chiama interprete perché interpreta) è un momento molto importante di condivisione e di crescita per tutti noi, per me per primo.

Certo, ti capita mai di avere a che fare con studenti che hanno paura di non essere compresi, quindi scrivono, ma la loro poetica o non arriva oppure per paura che non arrivi, cercano di imitare degli stili compositivi che non gli appartengono?

Beh, allora: nella mia esperienza oramai posso dire quindicennale di insegnante di composizione (in Conservatorio e non), lo studente di composizione mediamente è un tipo che ha una personalità complessa, altrimenti non si dedica alla composizione (il che è un bene). Richiede però certamente una qualche attenzione extra, mettiamola in questi termini.

Sì, spesso chi scrive, soprattutto oggi, soprattutto in un mondo musicale che ci chiede continuamente di metterci alla prova in termini di ricerca, di sperimentazione, spesso chi scrive pensa che la sua musica potrebbe non essere compresa. E naturalmente il tema di “Allora mi faccio forte e quindi mi appoggio alla lingua dei maestri o di quei compositori che ritengo fondamentali nel mio percorso” beh, questa è una cosa che succede con una certa frequenza, (e neanche io penso sia un atteggiamento da demonizzare). Lo è quasi sempre in una fase iniziale della scrittura.

Mi vengono in mente tantissimi grandi compositori che agli inizi sono stati debitori nei confronti dei loro maestri. Beh, mi viene in mente Beethoven nei confronti di Haydn, per esempio: è andata piuttosto bene, poi, in quel caso! Quindi, non me la sentirei di dire che non era una buona idea. Certamente, poi ci deve essere una fase di indipendenza rispetto alla lezione del maestro (o dei maestri) e questa forse è la parte più difficile, perché è un momento in cui, prendendo le distanze, ci si rende anche conto di dove si è. Si è in mare aperto, in quel caso. Allora, secondo me, un po’ la forza dei corsi che facciamo a Livorno, al Livorno Music Festival, è che in fondo i ragazzi che vengono a studiare con me, che frequenteranno la masterclass di composizione, non sono miei allievi di composizione durante l’anno, in Conservatorio. Quindi, posso anche fare un po’ lo “zio d’America”, quello un po’ maleducato, quello che insegna le “parolacce”, in qualche modo. Secondo me è una funzione, come dire, didatticamente potentissima, perché non essendoci poi alla fine un esame finale, non essendoci un giudizio (ma un concerto), sono anche nella posizione di poter dire delle cose in termini un po’ se volete “maleducati”. Cioè, cercare di suscitare in loro quella parte reale, vera, profonda, che forse se fossimo, diciamo così, nelle mura di un Conservatorio e poi dovessimo arrivare a un esame finale, forse farei più fatica a esprimere.

Certo, qual è il tuo rapporto nel fornire feedback agli studenti? Hai strategie particolari per incoraggiare gli studenti per farli riflettere sul proprio lavoro, senza però scoraggiarli?

Ovviamente faccio fatica a dirlo in generale. Cioè, dipende dalla personalità di ciascuno studente. Ci sono quelli talmente sicuri di sé che non hanno bisogno di essere incoraggiati. Però devo dire che una cosa che mi capita abbastanza spesso, sia in Conservatorio, sia al Livorno Music Festival, è il fatto che poi la classe si costruisce come una specie di “micromondo”, vorrei dire, cioè, ci si sostiene un po’ a vicenda. Una cosa bella, devo dire, della mia esperienza prima come studente, poi come docente di composizione è che raramente nelle classi di composizione si creano dei reali grandi antagonismi, è più facile che nasca una qualche forma di collaborazione (in fondo, siamo tutti sulla stessa barca, nessuno sa esattamente dove sta andando questa musica e quindi proviamo a fare del nostro meglio per indirizzare questa barca). Quindi, il fatto stesso, per esempio, che all’interno del concerto conclusivo ci sia sempre un pezzo del maestro anche, secondo me, è una cosa molto sana e molto, molto giusta. È un po’ diciamo nella “mission” del Livorno e Music Festival, cioè di far suonare gli allievi coi maestri, ma anche di far sì, nel nostro caso (visto che noi non suoniamo), che il concerto sia un concerto dove anche la mia musica è presente. Nel senso che è un pezzo tra gli altri pezzi e quindi è un modo per mostrare che tutti noi abbiamo le nostre fragilità, le nostre debolezze. Ci sono pezzi più riusciti, pezzi meno riusciti. Ma insomma, secondo me il senso reale di tutto questo è mettere il meglio di noi stessi ogni volta che prendiamo la penna e ci accingiamo a scrivere.

Certo. Bene, allora noi invitiamo tutti i compositori che ancora non si sono iscritti alla masterclass di composizione del Livorno Music Festival ad andare nel nostro sito, inviare tutto ciò che c’è da inviare che ricordiamo cos’è che deve inviare?

Beh, allora: la selezione da parte mia verrà fatta sulle partiture, possibilmente con registrazione (ma insomma, se anche non c’è una registrazione non importa). Bisogna inviare due partiture e un progetto, un progetto compositivo. È sempre difficile fare questi progetti, me ne rendo conto. È molto difficile parlare di un pezzo di musica prima che il pezzo di musica lo si sia iniziato a scrivere, in qualche modo. Quello che è importante, per me, sarà cercare di capire il rapporto di questi progetti con il tema che abbiamo scelto (cioè Francesco Petrarca) e indicare tre possibilità di organico, perché, dicevo prima, noi abbiamo a disposizione due violoncelli, clarinetto (e anche clarinetto basso) e pianoforte. I pezzi potranno essere per strumento solo, per duo o per trio. Quindi, chiedo di mettere in ordine di preferenza, diciamo così, questi organici: quindi un trio, un duo e un brano per strumento solo. Questa richiesta dipende anche dal fatto che, poi siccome noi dobbiamo arrivare a un concerto, è importante che il concerto sia il più vario possibile dal punto di vista degli organici. Quindi, faccio un esempio: se tutti vogliono scrivere un duo di violoncelli è un problema. Nel senso che avremo un concerto di un’ora di due violoncelli (che è bellissimo, ma magari potrebbe essere più interessante e più stimolante avere possibilità e intrecci strumentali il più possibile diversi tra di loro).

Perfetto, allora ti ringraziamo e ci vediamo al Livorno Music Festival dal 7 al 13 agosto.

Le modalità e procedure di iscrizione alla masterclass sono disponibili alla pagina Modalità di Iscrizione e Quote
Vi ricordiamo che tutti gli studenti della masterclass di composizione del Maestro Gardella, che lo richiederanno nella domanda d’iscrizione, avranno la possibilità di partecipare alla selezione per il Premio Peter Maxwell Davies e il Premio Veretti. Tutte le informazioni sono disponibili alla pagina dedicata Premi e Concorsi

 

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